Il sogno

di Anna Zanon, intervento del 26 maggio 2023 al Seminario “Lettere e letture di Freud”.

“Il sogno altro non è se non una forma particolare del nostro pensiero, resa possibile dalle condizioni dello stato di sonno. È il lavoro onirico che produce questa forma ed esso solo è l’essenziale del sogno, la spiegazione della sua peculiarità.” 1 Con queste parole Freud evidenzia che ciò che maggiormente importa del sogno è il suo lavoro di trasformazione dei pensieri inconsci in contenuto onirico, lavoro che si stacca dal modello del pensiero vigile, con il quale non è assolutamente confrontabile. Il sogno, dice, “non pensa, non calcola, non giudica affatto, ma si limita a trasformare”. Il lavoro di cifratura, che gli conferisce l’aspetto di un rebus, serve a sottrarre alla censura il desiderio inconscio, servendosi a tale scopo di astuzie retoriche quali la condensazione metaforica e lo spostamento metonimico. Ma al tempo stesso, il desiderio inconscio non sarebbe neppure ipotizzabile senza questo lavoro di cifratura imposto dalla censura. I pensieri devono essere resi prevalentemente come tracce mnestiche visive o acustiche e da questa esigenza, al lavoro del sogno s’impone il criterio della rappresentabilità: un pensiero articolato e complesso della vita vigile viene trasformato in immagini.

Avendo letto L’interpretazione dei sogni di Freud, ci si rende conto che parlare del sogno in generale è un’impresa impossibile. Si può tutt’al più isolare qualche concetto che ha attirato la nostra attenzione e provare a dirne qualcosa. L’intervento di questa sera verterà in particolare su due concetti che Freud ha elaborato per spiegare la formazione dei sogni: la costrizione al transfert e la regressione. Hanno attirato la mia attenzione perché sembrano antitetici, e in qualche modo lo sono se ci basiamo sugli schemi tracciati da Freud che si trovano nel capitolo VII. Entrambi gli schemi sono costituiti da un vettore lineare che ha una direzione e ai cui estremi si trovano P percezione e M motricità. Nel secondo schema, Freud aggiunge tra P e M i sistemi di tracce mnestiche che costituiscono una sorta di canalizzazione e deviazione del flusso energetico verso vie laterali, impedendogli sia la scarica diretta in M, sia il ritorno in P dove è ricercata senza alcuna mediazione l’identità di percezione, cioè la ripetizione della percezione legata al primo soddisfacimento del bisogno.

Freud chiama “costrizione al transfert” quel meccanismo per cui il desiderio, come tendenza a riconquistare “l’identità di percezione”, a ripetere cioè la percezione collegata all’esperienza del primo mitico soddisfacimento, è costretta dalla censura – nome freudiano della limitazione imposta dal significante – ad agganciarsi a una rappresentazione preconscia per farsi strada verso la coscienza. La costrizione al transfert è ciò che permette il passaggio dal processo primario, in cui il desiderio si realizza in modo allucinatorio, al processo secondario in cui la soddisfazione è ottenuta non per la via breve dell’allucinazione, ma attraverso la costruzione della realtà, che non è già data ma si costruisce con le rappresentazioni sulle fondamenta delle tracce mnestiche di percezioni vere. Le rappresentazioni infatti si costruiscono sulla prima trascrizione delle percezioni, che Freud chiama “segni di percezione”, che incidono libidicamente l’apparato e che in sé sono incapaci di pervenire alla coscienza. Nel Seminario XI Lacan li definisce significanti, da intendere a mio parere come significanti asemantici, che non rinviano cioè a un significato e che nel Seminario XX definirà come gli Uno di pura differenza di cui è fatta lalingua. Questi segni di percezione, primissima incisione sulla lastra sensibile del sistema nervoso centrale, che avviene in modo abbastanza casuale, in parte rimarranno uguali a sé stessi come Uno di pura differenza, in parte si trasformeranno passando per il sistema di drenaggio dell’Altro, sistema tampone che inaugura il processo di cifratura dell’inconscio in cui la quantità diventa qualità. È in tal senso, forse, che possiamo intendere quanto dice Lacan nel Seminario II: “Entriamo nella dialettica del medesimo e dell’altro, dell’uno e del multiplo”2

Il sistema nervoso riceve eccitamenti che provengono dall’organismo, dalla pressione dei bisogni, ma anche dall’esterno. Ogni volta che lo stesso stimolo si produce di nuovo, i circuiti associati alle prime esperienze registrate si mettono all’erta. I segnali interni, che si sono accesi in occasione del primo movimento dell’organismo sotto la pressione del bisogno, si accendono di nuovo. L’organismo psichico, essendo stato soddisfatto in un certo modo nelle prime confuse esperienze originarie legate al suo primo bisogno, allucina la sua seconda soddisfazione. Il ritorno di un bisogno comporterebbe l’allucinazione della sua soddisfazione se non intervenisse quello che Freud chiama ego, un dispositivo di regolazione che fa sì che la via tracciata dall’esperienza percettiva, che corrisponde a una data quantità di energia, venga alleggerita facendo passare la quantità per più vie alla volta invece di una. Queste vie secondarie sono dei derivati della prima, immemorabile, via tracciata dalla prima soddisfazione, la quale, per quanto drenata, tamponata, manterrà sui suoi derivati un certo potere di attrazione, nonché un legame associativo, come ora vedremo a proposito della formazione del sogno.

Freud parla di regressione topica e formale come di uno dei meccanismi che presiedono alla formazione del sogno. Se la regressione è il ritorno della rappresentazione all’immagine sensoriale da cui sarebbe scaturita, il sogno ha la particolarità di sottoporre i pensieri che contribuiscono a formarlo nel preconscio ad una disaggregazione regrediente, regressiva, che lo riconduce ad una materia prima al di là delle immagini mnestiche, lo riconduce cioè alle immagini percettive. Questa regressione conferisce alla formazione onirica il suo carattere allucinatorio, che però non tutti i sogni hanno, ed è un effetto congiunto della resistenza che si oppone all’accesso nel conscio dei pensieri latenti e dell’attrazione esercitata su questi stessi pensieri dalle tracce mnestiche che hanno conservato una particolare vividezza sensoriale. L’ipotesi di Freud, che si appoggia sullo schema P-M, è che nel sogno, il quale non permette ai processi di svolgersi fino alla scarica motoria come nello stato di veglia, c’è un ritorno indietro del processo intenzionale e apparizione del suo carattere immaginoso, e questa regressione porterebbe l’individuo ai primi stadi del suo sviluppo.

La vita diurna fornisce lo spunto, il pretesto per riattivare i desideri infantili indistruttibili 3, che non avrebbero la forza di presentarsi se non sotto mentite spoglie, ossia attraverso rappresentazioni senza importanza, innocue, messe a disposizione per potervi trasferire la propria intensità. La rappresentazione inconscia, spinta dalla costrizione al transfert, si fa per così dire traghettare da una rappresentazione preconscia innocente, rimasta fuori dal campo dell’attenzione. “Solo la costrizione alla traslazione può spiegare la costante presenza di questi elementi indifferenti; correlativamente, solo questi residui della veglia forniscono all’inconscio il punto di attacco necessario alla traslazione” 4. E un po’ dopo Freud aggiunge: “Si potrebbe descrivere il sogno come il surrogato, alterato attraverso una traslazione su materiale recente, della scena infantile” 5.

Prima dicevo che i meccanismi della costrizione al transfert e della regressione sono antitetici, e lo sono in quanto applicati allo schema di Freud che prevede un vettore lineare che va da P a M e viceversa. Il transfert interno, scorrendo lungo questo vettore, risponde all’esigenza di trasportare il desiderio inconscio alla coscienza, a cui perviene però irretito nelle catene significanti, smorzato, quasi irriconoscibile. Diremo che la costrizione al transfert impone al desiderio inconscio il prezzo da pagare stabilito dalla censura. Ma in quanto indistruttibile, il desiderio inconscio infantile rimane in parte sotto la forza d’attrazione delle prime immagini sensoriali, che stanno al di qua delle tracce mnestiche, e che esercitano una certa resistenza sul lavoro del transfert. Questa forza d’attrazione è tale per cui il desiderio solo in parte riesce a pervenire alla coscienza, e quindi è interpretabile, agganciandosi a elementi preconsci, mentre una parte compie il percorso a ritroso verso le immagini sensoriali che, come abbiamo visto prima, precedono le tracce mnestiche, le quali costituiscono già il lavoro di cifratura. È questa regressione topica che conferisce alla formazione onirica il suo carattere allucinatorio. Il sogno cioè riporta il pensiero alla condizione primaria del desiderio allucinatorio, nel quale è ricercata e provvisoriamente ottenuta senza alcuna mediazione l’identità di percezione, cioè la ripetizione della percezione legata al soddisfacimento del bisogno. Freud arriva a sostenere che “il pensiero non è altro che il surrogato del desiderio allucinatorio, ed è ovvio che il sogno sia l’appagamento di un desiderio, dato che nulla, all’infuori di un desiderio, è in grado di mettere in moto il nostro apparato psichico.” 6 L’apparato psichico non può essere istituito se non a partire dal desiderio allucinatorio, il quale – lo ripeto – punta a una cosa soltanto: cercare di raggiungere l’identità di percezione, il primo segno lasciato dal soddisfacimento. Il sogno insomma mostra la modalità di lavoro che si suppone preliminare al processo secondario. Per usare il lessico lacaniano, diremo che il processo secondario si svolge nei registri dell’immaginario e del simbolico, sui quali si costruisce per vie tortuose la realtà, mentre il desiderio allucinatorio, che persegue la via breve, immediata, regressiva per trovare il soddisfacimento senza sforzo né ostacolo, tocca il reale.

Il desiderio allucinatorio, che possiamo considerare il primo motore della costruzione del sogno, tende verso il reale della percezione, senza tuttavia raggiungerlo. Freud scrive: “Anche nei sogni meglio interpretati è spesso necessario lasciare un punto all’oscuro, perché nel corso dell’interpretazione si nota che in quel punto ha inizio un groviglio di pensieri onirici che non si lascia sbrogliare, ma che non ha nemmeno fornito altri contributi al contenuto del sogno. Questo è allora l’ombelico del sogno, il punto in cui esso affonda nell’ignoto (Unerkannt)…. Da un punto più fitto di quest’intreccio si leva poi, come il fungo dal suo micelio, il desiderio onirico”. 7

In un articolo pubblicato nella rivista “La cause du désir” n° 102 8, Lacan risponde allo psicoanalista Marcel Ritter che gli aveva posto una questione sull’ombelico del sogno. La questione riguarda il prefisso Un presente in molto termini freudiani: Unbewusste, Unheimlich, e nel caso del sogno, Unerkannt, tradotto con “ignoto, “sconosciuto”, ma che in realtà vuol dire “non riconosciuto”. L’Unerkannt – dice Ritter – è articolato alla questione dell’ombelico del sogno, quel punto in cui il sogno è insondabile, in cui il senso si arresta. Da questo punto si eleva un groviglio di pensieri inestricabile, che non offre nessun contributo al contenuto manifesto del sogno, nel senso che non si lega ad esso, e che non sottostà al lavoro della condensazione e dello spostamento. È un punto di défaillance nella rete significante. La questione che Ritter pone a Lacan è se in questo Unerkannt non si possa vedere il Reale.

La risposta di Lacan, molto articolata, e da cui estraggo solo qualche elemento funzionale al ragionamento che sto cercando di fare, è che l’Unerkannt, il non riconosciuto dell’ombelico del sogno, corrisponde a ciò che altrove Freud designa come Urverdrängt, il rimosso primordiale, ovvero ciò che non può essere detto in alcun modo e che è alla radice del linguaggio. Il carattere di rappresentazione della formazione del sogno implica da qualche parte il marchio di un punto in cui “non c’è niente da fare”, dice Lacan. Su questa cicatrice, su questa stigmate si fonda il parlare. L’ombelico rivela da una parte un meno: nessuna ultima parola, nessuna rappresentazione, e dall’altra un più: un groviglio, un micelio da cui spunta come un fungo il desiderio.

In questo articolo, Lacan pensa l’ombelico come un buco chiuso, a differenza degli orifizi pulsionali, un nodo la cui chiusura segna la nostra esclusione dalle nostre origini, così come dal linguaggio: “…è proprio per essere nato da un essere che l’ha desiderato o non l’ha desiderato, ma che, per questo solo fatto, lo situa in un certo modo nel linguaggio, che un parlessere si trova escluso dalla propria origine”. 9 E più avanti: “Ciò che questo nodo ha chiuso è qualcosa da cui per un certo tempo – nove mesi – tutto ciò che è vita proveniva.”10 L’ombelico è dunque la stigmate nel sogno di questa esclusione, la cicatrice che testimonia dell’esilio dell’essere parlante dalla sua origine, e l’audacia di Freud – nota Lacan – è semplicemente di aver detto che di questa esclusione il sogno porta il marchio.

Freud parla dell’ombelico del sogno in una nota del suo resoconto dell’analisi del sogno dell’iniezione a Irma, sogno che Freud fece nel luglio 1895 mentre era in vacanza sui colli nei dintorni di Vienna. Lo riporta come sogno paradigmatico per dimostrare la sua tesi che il sogno è l’appagamento di un desiderio. Lo stesso Lacan lo definisce “il sogno dei sogni”.

Questo il testo del sogno:

Un grande salone, molti ospiti, che stiamo ricevendo. Tra questi, Irma, che prendo subito in disparte come per rispondere alla sua lettera e rimproverarla di non accettare ancora la “soluzione”. Le dico: “Se hai ancora dolori è veramente soltanto colpa tua”. Lei risponde: “Sapessi che dolori ho ora alla gola, allo stomaco, al ventre, mi sento tutta stretta”. Mi spavento e la guardo: è pallida e gonfia. Penso: dopotutto forse non tengo conto di qualche cosa di organico. La porto alla finestra e le guardo la gola. Irma mostra una certa riluttanza, come le donne che portano la dentiera. Penso che non ne ha proprio bisogno. La bocca poi si apre bene, e vedo a destra una grande macchia bianca e in un altro punto, accanto a strane forme increspate, che imitano evidentemente le conche nasali, estese croste grigiastre. Chiamo subito il dottor M., che ripete la visita e conferma… Il dottor M. ha un aspetto assolutamente diverso dal solito: è molto pallido, zoppica, non ha barba al mento… Anche il mio amico Otto si trova ora accanto a Irma e l’amico Leopold la percuote sul corsetto e dice: “C’è una zona di ottusità in basso a sinistra”; e indica inoltre un tratto di cute infiltrato sulla spalla sinistra (cosa che anch’io sento nonostante il vestito)… M. dice: “Non c’è dubbio, è un’infezione; ma non importa; sopraggiungerà una dissenteria e il veleno sarà eliminato…” Inoltre sappiamo subito da dove proviene l’infezione. Qualche tempo fa, per un’indisposizione, l’amico Otto le ha fatto un’iniezione con un preparato di propile, propilene… acido propionico… trimetilamina (ne vedo la formula davanti ai miei occhi, stampata in grassetto)… Non si fanno queste iniezioni con tanta leggerezza… probabilmente anche la siringa non era pulita. 11

Freud lo analizza frammento per frammento, dopo aver individuato le circostanze, i pensieri e le preoccupazioni della veglia che hanno fornito il pretesto per la formazione di questo sogno.

Irma, un’amica di famiglia, è una ex paziente che gli dà del filo da torcere e con cui si trova in grande difficoltà. Il giorno prima, l’amico Otto gli aveva portato sue notizie, dicendogli che tutto sommato stava bene, ma non del tutto, e Freud coglie nel tono delle sue parole una certa disapprovazione del suo trattamento. Nel sogno, Freud rimprovera Irma di non aver accettato la sua soluzione, e che se ha ancora dolori è solo colpa sua. Soluzione è tanto la soluzione che si inietta, quanto la soluzione di un problema. Freud è scontento dell’amico Otto, ma anche di se stesso, al punto da nutrire dei dubbi sulla fondatezza della sua soluzione. “Nel 1895 – scrive Lacan – si trova in un periodo creativo, aperto alla certezza come al dubbio – il che caratterizza tutto il progresso della scoperta. Quel tanto di disapprovazione che è colto nella voce di Otto è il piccolo choc che mette in moto il sogno”. 12 Non dimentichiamo infatti che in quell’epoca Freud era teso a dimostrare l’esistenza dell’inconscio e a convincere la comunità scientifica della correttezza del suo metodo per accedervi, metodo che comprendeva in primis l’interpretazione dei sogni.

Le lamentele di Irma – dolori alla gola, al ventre e allo stomaco, senso di soffocamento – spaventano Freud: “che non mi sia accorto di un’affezione organica?” Ma l’analisi di questo frammento lo porta a dubitare della sincerità del suo spavento: “se i dolori di Irma sono di natura organica, non sono tenuto a guarirli. La mia cura elimina soltanto dolori isterici”. Quindi il desiderio che il sogno soddisfa è lo scaricarsi delle sue responsabilità nell’insuccesso del trattamento di Irma. A questo scopo, il sogno convoca un trio piuttosto buffo – l’amico Otto, il dottor M. e il suo amico Leopold – tutti e tre medici, che Freud consulta per venire a capo del problema di Irma. Ma il dialogo che questi imbastiscono è talmente improbabile, perfino comico, che al loro confronto Freud ne esce a testa alta e completamente discolpato: la colpa è di Otto che ha fatto a Irma un’iniezione con la siringa sporca. Ecco realizzato il desiderio. Il pensiero che nella veglia aveva la forma ottativa “magari fosse Otto il responsabile della malattia di Irma!”, nel sogno si trasforma nell’asserzione “Otto è il colpevole”.

Ma Lacan si chiede: “come mai Freud, che più avanti svilupperà la funzione del desiderio inconscio, si accontenta qui, per il primo passo della sua dimostrazione, di presentare un sogno completamente spiegato tramite la soddisfazione di un desiderio che non si può chiamare che preconscio se non del tutto conscio?” 13 Lacan nota inoltre che questi tre personaggi sono delle controfigure di Freud stesso, più precisamente sono personaggi della serie di identificazioni in cui risiede la formazione dell’io. Egli fa appello, nella seconda parte del sogno, a coloro che sanno, i suoi colleghi medici che, via identificazione, dovrebbero sostenerlo dinanzi all’angoscioso enigma posto nella prima parte del sogno, che fa vacillare il suo io.

L’enigma è presentato da tre donne: Irma, l’amica intelligente e la moglie di Freud. I significanti “pallida e gonfia” rinviano alla moglie, all’epoca incinta, che Freud non vorrebbe come paziente perché non docile; Irma, per Freud una sprovveduta perché non accetta la sua soluzione, viene scambiata con la sua amica, anzi, vorrebbe scambiarla perché più intelligente, quindi cederebbe prima. “La bocca poi si apre bene”, cioè racconterebbe più di quanto non faccia Irma. Ma qui Freud si ferma e in nota scrive: “Sento che l’interpretazione di questo punto non si è spinta fino a raggiungere ogni significato celato. Se volessi continuare il paragone fra le tre donne, mi allontanerei di molto. Ogni sogno ha per lo meno un punto in cui esso è insondabile, quasi un ombelico attraverso il quale esso è congiunto all’ignoto”. 14 Il tema dell’ombelico del sogno, come abbiamo visto, ricomparirà, più articolato, verso la fine del libro.

Dunque, Freud porta Irma alla finestra e le guarda la gola. Prima riluttante, poi apre bene la bocca: “Vedo a destra una grande macchia bianca e in un altro punto, accanto a strane forme increspate, che imitano evidentemente le conche nasali, estese croste grigiastre”. Ecco ciò che Lacan scrive in margine all’immagine orrorifica: “Per questa bocca ci sono tutte le immagini di equivalenza, tutte le condensazioni che volete. Tutto si mescola e si associa in questa immagine, dalla bocca all’organo sessuale femminile, e passando per il naso – Freud poco prima o poco dopo si fa operare da Fliess alle conche nasali. C’è qui un’orribile scoperta, quella della carne che non si vede mai, il fondo delle cose, il rovescio della faccia, del viso, la carne da cui viene tutto, nel più profondo del mistero, la carne in quanto sofferente, informe, in quanto la sua forma è per se stessa qualcosa che provoca l’angoscia. Visione di angoscia, ultima rivelazione del tu sei questo. Tu sei questa cosa che è più lontana da te, la più informe.” 15

Dinanzi a questa visione angosciosa, non c’è il risveglio che ci si aspetterebbe, il sogno continua perché Freud non è un sognatore qualunque, è un sognatore che attraverso l’autoanalisi vuole dimostrare alla comunità scientifica l’esistenza dell’inconscio, del quale il sogno è la via regia. “Chiamo subito il dottor M.” Posto di fronte al mistero del femminile presentificato dalla gola di Irma, che vent’anni dopo chiamerà “continente nero”, Freud fa appello ai suoi pari, si affida cioè al sapere scientifico che la sua invenzione rivoluzionerà, confinando nell’ombelico del sogno la questione femminile che lo ha sempre imbarazzato. Freud qui ci mostra che l’essere parlante non può saper tutto, qualcosa d’immutabile si sottrae alla parola, come indica il prefisso Un di Unerkannt, marchio dell’impossibile, antecedente del reale che occuperà Lacan nell’ultima fase del suo insegnamento. D’altronde, lo stesso Freud, verso la fine dell’Interpretazione dei sogni, invitando a rinunciare alla sopravvalutazione della qualità di coscienza, dice: “L’inconscio è il cerchio maggiore, che racchiude in sé quello minore del conscio; tutto ciò che è conscio ha un gradino preliminare inconscio, l’inconscio può restar fermo a questo gradino e pretendere tuttavia al pieno valore di prestazione psichica. L’inconscio è lo psichico reale nel vero senso della parola”. 16 Da un lato c’è l’inconscio reale che resta fermo, esercitando tuttavia il suo potere di attrazione, dall’altro c’è la costrizione al transfert come spinta trasformativa: in tal senso possiamo intendere ciò che Lacan diceva della “dialettica del medesimo e dell’altro, dell’uno e del multiplo”. Già nel Progetto Freud parla del “complesso del Prossimo”17 come del punto in cui avviene la scomposizione tra simile e differente. Il Prossimo è l’elemento di percezione che si offre alla comprensione, cioè alla messa in equivalenza di immagini già registrate che danno informazioni provenienti dal proprio corpo. Il bambino cioè comprende ciò che dell’altro può assimilare al proprio corpo, il movimento delle mani o delle gambe per esempio, che ha visto, tutto ciò che è simmetrico e riconducibile alle immagini già registrate, che pertanto ri-conosce. Ma ciò che non può conoscere, quindi nemmeno ri-conoscere (Unerkennnung) è Das Ding, una “cosa coerente” – dice Freud – dalla struttura costante, che “si mantiene insieme”, che non si scompone né si riflette, un resto da cui non c’è più niente da separare. Lacan svilupperà il concetto di Cosa, scovato nel Progetto, nel suo Seminario VII.

Il sogno dell’iniezione a Irma è paradigmatico perché mostra la cesura tra ciò che può essere riconosciuto, ciò che entra in risonanza, ciò che presiede al processo di identificazione (seconda parte del sogno: figure maschili come alter-ego di Freud, supporti all’identificazione simbolico-immaginaria, e realizzazione di un desiderio preconscio), e la prima parte del sogno in cui sorge l’immagine terrificante della bocca spalancata, che rivela qualcosa di innominabile, di inconoscibile, quindi di non riconoscibile, che ne fa “sia l’oggetto primitivo per eccellenza, l’abisso dell’organo femminile da cui esce ogni vita, sia la voragine della bocca in cui tutto è inghiottito, come pure l’immagine della morte dove tutto termina, a causa del rapporto con la malattia della figlia che avrebbe potuto essere mortale, e con la morte della malata perduta in un’epoca contigua a quella della malattia della figlia Matilde, considerata da lui come una ritorsione della sorte per la sua negligenza professionale”. 18 Nel punto di cesura sta l’ombelico del sogno, cerniera tra inconscio reale e inconscio transferale, due termini che Jacques-Alain Miller ha molto valorizzato nella sua lettura dell’ultimo Lacan. “C’è dunque – continua Lacan – apparizione angosciante di un’immagine che riassume ciò che possiamo chiamare la rivelazione del reale in ciò che esso ha di meno penetrabile, del reale senza alcuna mediazione possibile, del reale ultimo, dell’oggetto essenziale che non è più un oggetto, ma quel qualcosa davanti a cui tutte le parole si arrestano e tutte le categorie falliscono, l’oggetto di angoscia per eccellenza”. 19 Dinanzi al reale come impossibile a dirsi, Freud non si ferma, non c’è il risveglio, il sogno continua perché Freud mentre sogna cerca la chiave del sogno. E alla fine la trova nella Trimetilamina: “ne vedo la formula davanti ai miei occhi, stampata in grassetto”. Le associazioni lo portano a chiedersi se in questo c’entri Fliess, secondo il quale la trimetilamina avrebbe un ruolo per quanto riguarda i prodotti di decomposizione delle sostanze sessuali. Lacan s’informa, ed effettivamente la trimetilamina è un prodotto di decomposizione dello sperma che sa di ammoniaca quando è lasciato decomporre all’aria. Ma non sta qui la spiegazione. Il modo in cui la formula si enuncia, il suo carattere enigmatico – dice Lacan – è la risposta alla questione del senso del sogno: “non c’è altra parola, altra soluzione che la parola” 20, trimetilamina è una parola, avrebbe potuto essercene un’altra. La parola in quanto funzione è il solo elemento che può veicolare il senso, che può rispondere alla domanda di senso, dispiegandosi nella catena significante. Più tardi Lacan dirà che l’impossibile è ciò che non cessa di non scriversi, ma questa impossibilità la si dimostra solo nella contingenza, la quale cessa di non scriversi. In altre parole, nell’analisi si constata che c’è un buco nel sapere solo a partire dalla produzione di sapere attraverso lo sviluppo significante, da manifestazioni contingenti, da piccole discontinuità – per questo le inezie vengono prese sul serio – e la contingenza appare sullo sfondo dell’impossibile che è il reale.

Questo va a incrociare quanto lo stesso Freud sosteneva a proposito della costrizione al transfert nel sogno, dove sono i residui della veglia, rappresentazioni preconsce indifferenti, inezie, a fornire all’inconscio il punto di attacco necessario al transfert. O, per dirla diversamente, l’inconscio reale lo si constata solo passando per l’inconscio transferale e, per converso, l’inconscio transferale sarebbe inconsistente senza quel punto di opacità, punto di impossibile, che è il reale. L’essere umano, ci ricorda Freud, non è il capolavoro della creazione, ma la sede di una Unerkennung, che “non è solamente un non-riconoscimento, ma un’impossibilità di conoscere ciò che riguarda il sesso” e la morte. 21

Per tornare alla tesi freudiana del sogno come appagamento di un desiderio, e alla domanda che si era posto Lacan sul perché Freud si sia accontentato di spiegare il “sogno dei sogni” completamente tramite la soddisfazione di un desiderio preconscio se non del tutto conscio, dobbiamo precisare che quanto Freud aveva intravisto nel 1900 del desiderio inconscio dovrà attendere ancora molti anni prima di rivelarsi come indesiderabile. Questa verità scabrosa Freud la relega, ancora una volta, in una nota aggiunta all’ Interpretazione dei sogni nel 1919: “L’appagamento di un desiderio dovrebbe di certo recar piacere ma, ci si chiede, a chi? Naturalmente, a colui che prova il desiderio. Sappiamo però che il sognatore intrattiene coi propri desideri un rapporto del tutto speciale. Li rigetta, li censura, in breve non li vuole. Un loro appagamento può quindi non arrecargli alcun piacere, bensì soltanto il contrario del piacere. E l’esperienza c’ insegna che questo contrario compare in forma di angoscia.”22

Note

  1. S. FREUD, L’interpretazione dei sogni, Opere, 3, Boringhieri, Torino 1976, p. 463  []
  2. J. LACAN, Il Seminario. Libro II. L’io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi, Einaudi, Torino 1991, p. 178  []
  3. “I desideri inconsci sono sempre attivi, sempre pronti a procurarsi un’espressione … Essi condividono questo carattere di indistruttibilità con tutti gli altri atti psichici realmente inconsci, vale a dire appartenenti al solo sistema Inc. Questi costituiscono vie aperte una volta per sempre, che non si cancellano mai, e che riconducono sempre il processo di eccitamento alla scarica, ogni qual volta l’eccitamento inconscio torni ad investirlo”. Cfr. S. Freud, L’interpretazione dei sogni, cit., p. 504.  []
  4. S. FREUD, L’interpretazione dei sogni, cit., p. 494  []
  5. Ibidem  []
  6. Ivi, p. 517  []
  7. Ivi, p. 479  []
  8. J. LACAN, L’ombilic du rêve est un trou, in “La cause du désir”, 2019/2, n° 102, Editions L’école de la cause freudienne. (La traduzione dei passi citati è mia)  []
  9. Ivi, p. 36  []
  10. Ivi, p. 39  []
  11. S. FREUD, L’interpretazione dei sogni, cit.,p. 108  []
  12. J. LACAN, Il Seminario. Libro II, cit., p. 194  []
  13. Ivi, p. 195  []
  14. S. FREUD, L’interpretazione dei sogni, cit., p. 111  []
  15. J. LACAN, Il Seminario, Libro II, cit., p. 199  []
  16. S. Freud, L’interpretazione dei sogni, cit., p. 557  []
  17. S.FREUD, progetto di una psicologia, in Opere, 2, Boringhieri, Torino 1977, p. 235  []
  18. J. LACAN, Il Seminario. Libro II, cit., p. 210  []
  19. Ibidem  []
  20. Ivi, p. 204  []
  21. J. LACAN, L’ombilic du rêve est un trou, cit., p. 41  []
  22. S. FREUD, L’interpretazione dei sogni, cit., p. 530 (nota aggiunta nel 1919)   []