$ <> D: è più forte di me

di Maria Teresa Rodriguez, intervento del 22 ottobre 2021 al Seminario “Lettere e letture di Lacan”.

Introduzione

Negli anni ‘60 Lacan riporta la pulsione al centro della teoria e dell’esperienza analitica. Precedentemente aveva cercato di allontanarla il più possibile da ogni idea di naturalezza per affrontare le correnti interne al dibattito psicoanalitico che spingevano per ricondurre la pulsione in un alveo biologico. Aveva parlato di soddisfazione simbolica, ma poi la clinica lo spinse a considerare prevalentemente il lato reale della pulsione che nel prosieguo del suo insegnamento diede luogo al concetto di godimento.

Nel Seminario XI, 1 Lacan non solo ripensa radicalmente la pulsione, la sua struttura, la sua articolazione con le zone erogene, il suo rapporto con l’oggetto, ma apporta un contributo originale. Agli oggetti pulsionali indicati da Freud – il seno e le feci – aggiunge due nuovi oggetti: lo sguardo e la voce. Introduce anche il concetto di oggetto a per riferirsi all’oggetto della pulsione. L’oggetto a è l’unica invenzione che si attribuisce.

Pulsione e istinto

Su molti punti Lacan riprende e sottoscrive le idee freudiane sulla pulsione:

1. la pulsione non è l’istinto

2. le pulsioni sono sempre parziali

3. la pulsione si soddisfa sempre

1. Perché la pulsione non è l’istinto? Anzitutto perché comporta una spinta costante, mentre l’istinto è ritmato. Se il bisogno è stato soddisfatto, una nuova presentazione dell’oggetto adeguato alla soddisfazione non è né necessaria né gradita. Deve trascorrere un certo tempo, fino a quando il bisogno si ripresenta.

Nelle prime pagine di Pulsioni e loro destini 2, Freud parla della fame e della sete, per introdurre la questione, ma Lacan segnala che nella pulsione non si tratta assolutamente di questo. Lo stesso Freud, affermando più avanti che nella pulsione c’è una spinta costante, smentisce queste prime affermazioni. Se la fame fosse un istinto, come nel regno animale, non ci sarebbero i disturbi dell’alimentazione dove è palese l’infiltrazione pulsionale della funzione. Se si mangia per vomitare e si vomita per poter continuare a mangiare, tutto ciò non c’entra con l’istinto di nutrirsi che troviamo nel regno animale. Se si mangia niente, come nell’anoressia, si soddisfa la pulsione orale, ma si evidenzia la tendenza antibiologica della pulsione che farà sostenere a Lacan che ogni pulsione è in fondo pulsione di morte.

2. Le pulsioni sono sempre parziali e non si fondono mai in una sintesi armoniosa: non esiste una pulsione genitale. In Pulsioni e loro destini Freud differenzia le pulsioni dell’Io che servono alla conservazione della vita individuale, e le pulsioni sessuali, che servono alla conservazione della specie. Nella sua rilettura Lacan parla di pulsioni parziali che vanno tenute distinte da tutto ciò che ha a che fare con la conservazione, sia dell’individuo sia della specie, e sono parziali perché rappresentano solo parzialmente la finalità biologica della pulsione.

3. La pulsione si soddisfa sempre, perciò Lacan può dire che il soggetto è sempre felice. Il soggetto, non l’Io. Quello che è “felice” è il soggetto dell’inconscio. L’Io può essere nel contempo molto infelice.

Freud si chiedeva come una soddisfazione pulsionale potesse comportare sofferenza, visto che in teoria la soddisfazione di una pulsione dovrebbe essere sempre piacevole, e si rispondeva distribuendo piacere e dispiacere nei due sistemi: piacere inconscio / sofferenza a livello dell’Io, dove altre forze si oppongono a una tale soddisfazione e causano la rimozione.

In questo senso, la sofferenza sintomatica del nevrotico ha un valore di godimento, cioè di piacere inconscio.

La sublimazione

La sublimazione è uno dei quattro destini della pulsione indicati da Freud 3 che la definisce come una modalità di soddisfazione della pulsione che comporta un cambiamento di oggetto e di meta (Freud segnala che la sublimazione punta a una meta più elevata e di maggior valore sociale) e ha la caratteristica di non comportare una rimozione.

Abbiniamo a questa definizione freudiana quella lacaniana del Seminario VII: la sublimazione consiste nell’ “elevare un oggetto alla dignità della Cosa”. 4

Nella sublimazione un oggetto, un oggetto immaginario, che può essere un’opera d’arte, ma anche un qualsiasi oggetto, è sottoposto a un’operazione simbolica che lo colloca nel posto vuoto del reale della Cosa, e consente una soddisfazione pulsionale senza rimozione.

Qui, a mio avviso, è necessario distinguere. C‘è una sublimazione originaria, necessariamente strutturale, nel senso che la Cosa è strutturalmente perduta e quindi qualsiasi oggetto, qualsiasi meta, è già di per sé una sorta di sublimazione; e poi c’è la sublimazione in senso proprio. Questa distinzione è particolarmente importante nella clinica: una bulimica che mangia e vomita sta sublimando? In un certo senso sì, perché ovviamente, checché ne creda, non sta mangiando la Cosa: mangiare la Cosa è strutturalmente impossibile. Inoltre, questa modalità di soddisfazione comporta la rimozione. Che cosa si rimuove? La castrazione strutturale, cioè l’impossibilità di fare Uno con la Cosa.

Un’analisi potrebbe rendere percorribile una via sublimatoria per la soddisfazione della pulsione orale, come ad esempio aprire un blog di ricette, gestire una gastronomia, ecc.

Per soddisfare la pulsione orale non è nemmeno necessario essere un grande chef: un’umile piatto della cucina casalinga, ben preparato e impiattato con cura, aspira allo stesso risultato e può avere anch’esso il valore della Cosa. Nella clinica troviamo spesso che i piatti dell’infanzia hanno assunto il valore di Cosa per il soggetto.

Per Freud la pulsione è la cerniera tra l’organico e l’apparato psichico. Per Lacan si tratta, piuttosto, dell’articolazione tra corpo e significante. Tenendo conto che il corpo non è l’organismo, ma è l’effetto dell’incorporazione del linguaggio nel vivente.

Pulsione e ripetizione

L’incorporazione del linguaggio, la presa del soggetto nelle maglie del significante, lascia tracce. La ripetizione viene a commemorare l’incontro sempre traumatico con il reale pulsionale, la perdita originaria, lo snaturamento che colpisce l’organismo biologico rendendolo corpo.

È proprio il sentirsi in balia di forze impossibili da padroneggiare che spesso porta il soggetto in analisi per cercare di liberarsi da qualcosa che lo tormenta: sintomi, inibizioni, situazioni di sofferenza che si ripetono, insomma l’impossibilità di sottrarsi a una condizione nella quale continua a farsi del male. “È più forte di me” è la lamentela che illustra tale situazione. L’Io cerca di padroneggiare qualcosa che gli sfugge. Ma l’Io, dice Freud, non è padrone in casa propria… chi comanda è l’inconscio. La ripetizione è qualcosa che non cessa, che non smette, che prende le fattezze di una potenza demoniaca.

Quando un soggetto in analisi ci parla della ripetizione di certe situazioni, di certe dinamiche, di certi pensieri che lo disturbano, quando si trova più e più volte invischiato in situazioni che comportano sofferenze e devastazione, ma alle quali non riesce a sottrarsi, siamo in presenza di una soddisfazione pulsionale inconscia che avviene a scapito delle intenzioni dell’Io.

Ma che cos’è che si ripete? Si ripete un incontro mancato perché l’oggetto è perduto costitutivamente, Ma si ripete anche l’evento traumatico, l’esperienza libidica. il soggetto tende a ricercare la ripetizione di quella esperienza che ha lasciato un segno nell’ apparato psichico.

Lacan utilizza le categorie aristoteliche di automaton e tyche 5 per elaborare il concetto di ripetizione. Automaton è la rete dei significanti dove il reale è escluso; tyche l’incontro, che può essere mancato, con il reale. Per collocare la questione a livello della clinica, diciamo che quando l’analista indica al paziente di parlare di qualsiasi cosa, di dire quello che gli passa per la mente e formule simili, lo invita a far girare l’automaton, perché sa che solo così si creano le condizioni per l’emergenza di una nuova tyche, un nuovo incontro con il reale.

Quando è che come psicoanalisti dobbiamo intervenire? A questo proposito Lacan introduce la nozione di trop de mal: “Essi fanno troppa fatica per questa sorta di soddisfazione. Questa è l’unica giustificazione del nostro intervento.” 6 Si tratta di rettificare le condizioni della soddisfazione pulsionale che al momento si produce attraverso le vie del dispiacere.

Il collage surrealista

Quando Lacan prende in esame i quattro elementi della pulsione indicati da Freud, li descrive come un collage surrealista.

Spinta (Drang)

la prima cosa di cui ci avverte Lacan è che non bisogna confondere la spinta con la pulsione tout court. La pulsione non è solo spinta, ma l’intero montaggio dei quattro elementi. “Non si tratta affatto di energia cinetica, non si tratta di qualcosa che si regola con del movimento.” 7

Meta (Ziel)

Per Freud la meta è la soddisfazione.

A proposito della meta dice Lacan: “Se la pulsione può essere soddisfatta senza avere raggiunto quella che, rispetto a una totalizzazione biologica della funzione, sarebbe la soddisfazione nel suo scopo di riproduzione, è perché è una pulsione parziale, e la sua meta non è altro che questo ritorno in circuito.” 8

La meta quindi è uscire e ritornare in forma di circuito. La pulsione fa un giro attorno all’oggetto che però non è l’origine della pulsione.

Oggetto (Objekt)

Per Freud l’oggetto della pulsione è l’elemento più variabile, è sufficiente che serva a raggiungere la soddisfazione. Si tratta sempre di oggetti sostitutivi, in quanto l’oggetto primordiale è strutturalmente perduto. Per esempio, per la soddisfazione della pulsione orale al bambino basta il ciuccio, il dito, un giocatolo o il lembo del lenzuolo, in quanto la soddisfazione in gioco riguarda il godimento della bocca: l’oggetto è uno strumento.

Gli oggetti individuati da Freud sono il seno e le feci, oggetto della pulsione orale e di quella anale. A questi due Lacan aggiunge lo sguardo (pulsione scopica) e la voce (pulsione invocante).

Lacan “smaterializza” gli oggetti descritti da Freud che appaiono come oggetti del mondo. Per Lacan si tratta dell’oggetto a, che è qualcosa di separato dal soggetto, anche se gli appartiene. L’oggetto a non ha alcuna sostanza, alcuna materialità, non ha immagine speculare, è un oggetto topologico e in fondo coincide con il taglio, con l’estrazione dell’oggetto. L’oggetto a nasce dal buco prodotto dalla perdita dell’oggetto originario, e per questo è causa della pulsione. È a causa della perdita del seno che c’è pulsione orale.

Lacan sostiene che lo statuto dell’oggetto a nella pulsione è di essere presente in quanto oggetto perduto.

Oggetto perduto che fa parte del soggetto, del corpo del soggetto, e non dell’Altro. Infatti Lacan parla a questo punto del mito della lamella, collegandolo alla placenta che è un tessuto del feto, non della madre. Questo oggetto perduto s’installa nei buchi del corpo, nelle faglie. Ed è un organo, solo che ha la particolarità di non esistere.

“L’oggetto a non è all’origine della pulsione orale. Non è introdotto a titolo di nutrimento primitivo, è introdotto dal fatto che nessun nutrimento soddisferà mai la pulsione orale, se non contornando l’oggetto eternamente mancante.” 9

Ciò che caratterizza l’oggetto voce e l’oggetto sguardo è l’avere più relazione con il desiderio che con la domanda. La voce e lo sguardo sono oggetti immateriali che data la struttura del soggetto parlante, tendono ad apparire come oggetti mancanti: l’oggetto sguardo è proprio quello che non si vede nel campo scopico, la voce è ciò che supporta lalangue e cade con l’acquisizione del linguaggio condiviso. Sono invece ben presenti nella psicosi, appaiono nel reale nella forma allucinatoria di voce e sguardo di un Altro persecutore.

Fonte (Quelle)

Sono le zone erogene, gli elementi del corpo che hanno una struttura di bordo, come le labbra. L’andata e ritorno della pulsione coincide con il contornare il buco della zona erogena.

La pulsione è quindi il montaggio di questi quattro elementi.

Il matema della pulsione: $ <> D

È una formula che risulta particolarmente complessa, è sorprendente, e direi controintuitiva. Proprio dove eravamo sicuri di sapere di cosa si trattava, nella pulsione: in essa si tratta del corpo, delle zone erogene, del bordo degli orifizi. Ebbene, Lacan decide di porre, al posto del corpo, la domanda: D.

Possiamo leggere questa formula così: la pulsione è il rapporto del soggetto con la domanda dell’Altro.

Il bambino appena nato, trovandosi per la prima volta davanti al disagio della fame, piange. Arriva quindi l’Altro, quello che Freud chiamava il Nebensmensch, il soccorritore, e interpreta il pianto come una domanda che il bambino gli rivolge. Ma questa è la lettura dell’Altro: il bambino non sta domandando niente a nessuno.

È invece la madre quella che domanda: con l’offerta del seno chiede al bambino di lasciarsi nutrire, in fondo lo sollecita: “Mangiami”. Tale domanda muta della madre diventa evidente quando il bambino si rifiuta di lasciarsi nutrire e la madre dice al pediatra: “Il bambino non mi mangia!” Non è un errore grammaticale, ma una verità inconscia.

Le pulsioni sono evolutive?

Perché “viene prima” la pulsione orale, poi l’anale, e non sappiamo bene in che ordine collocare la pulsione scopica e quella invocante? L’ordine orale-anale può essere spiegato attraverso uno sviluppo naturale? Lacan afferma: “Non c’è nessun rapporto di generazione tra una delle pulsioni parziali e la successiva. Non c’è alcuna metamorfosi naturale.” 10

Tra la pulsione orale e quella anale c’è metamorfosi, ma non si tratta di una metamorfosi naturale. Si tratta invece degli effetti della domanda dell’Altro. La dialettica inizia con l’oralità, non per la preminenza del succhiare all’inizio della vita, ma perché all’inizio della vita il pianto è interpretato dall’Altro come un appello diretto a lui/lei. Questo è il vero inizio logico dell’umano: la trasformazione del grido in appello a opera dell’Altro. È l’Altro che legge il pianto come appello e suppone un soggetto laddove ancora non c’è. Supposizione feconda che consentirà al soggetto di avvenire.

Appena l’Altro fa del pianto una domanda, ne segue l’inevitabile effetto inverso: ciascuno riceve dall’Altro la sua domanda rovesciata, la domanda all’Altro (oggetto orale) si tramuta in domanda dell’Altro, ovvero controllo degli sfinteri, con l’esigenza di trattenere e rilasciare a comando l’oggetto anale. Ora si è domandati dall’Altro. Il “dammi il seno” si rovescia in “dammi le feci”. Il controllo degli sfinteri non fa altro che metaforizzare un effetto di struttura: il soggetto è domandato solo perché qualcuno – l’Altro – ha preso il suo pianto come domanda e da lì in poi non si può evitare l’inversione propria della struttura della domanda. Adesso è più chiaro il motivo che porta Lacan a mettere la Domanda nel matema della pulsione.

Il matema si legge: “Soggetto barrato losanga di D”, ma le cose si complicano quando Lacan parla di una “soggettivazione acefala” nella sua risposta a una domanda di Jacques-Alain Miller: “L’oggetto della pulsione va situato a livello di ciò che ho chiamato metaforicamente una soggettivazione acefala. Allora una soggettivazione senza soggetto, un osso, una struttura, un tracciato che rappresenta una faccia della topologia. l’altra faccia e quella che fa sì che è un soggetto per i suoi rapporti con il significante, sia un soggetto bucato.” 11

Pulsione e linguaggio

Nella presa significante che riceve il bambino ad opera del suo Altro, l’incorporazione del linguaggio stravolge la biologia dell’organismo rendendolo corpo. Da lì in poi i bisogni andranno tradotti in domande, quindi messi in forma significante. Questo comporterà una trasformazione del bisogno che non è tutto riassorbito dalla domanda. C’è un resto irriducibile al significante, che riappare nell’aldilà della domanda, nella forma del desiderio. Se il fantasma si articola alla domanda (in quanto risponde al “Che vuoi?” “Che vuoi da me?” “Chi sono?”) è perché la domanda è in rapporto al desiderio nella misura in cui il desiderio si costituisce come il suo al di là. Il desiderio è infatti articolato alla domanda sebbene non sia articolabile poiché al di là della domanda stessa. Qualcosa del bisogno originario insiste nel desiderio.

Per effetto della perdita reale costitutiva all’origine, che trasforma l’organismo vivente in corpo pulsionale, s’inaugura quello che Miller ha chiamato una biologia lacaniana, che indaga il funzionamento del corpo pulsionale del parlessere nei suoi modi di godimento singolari. È una biologia che si occupa delle zone erogene, intese come zone di bordo del corpo. Il corpo pulsionale, il corpo attraversato dalla libido, certamente non è identico a quello biologico, ma con quello ha dei collegamenti. E senza corpo biologico non ci potrebbe essere un corpo pulsionale. Il substrato organico è condizione necessaria ma non sufficiente per la costituzione del corpo. Bisogna eseguire delle operazioni sull’organismo per renderlo corpo: si tratta dell’incorporazione del linguaggio che stravolge la biologia facendo perdere la bussola dell’istinto. Queste operazioni sono a carico dell’Altro, del Nebenmensch che soccorre il bambino esposto al Not des Lebens. Tali interventi lasciano tracce sul corpo e sull’apparato psichico del bambino.

Pulsione e fantasma

L’oggetto della pulsione è, nel fantasma, causa di desiderio.

La pulsione fornisce il materiale al fantasma che mette in scena quella relazione significante e libidica che il soggetto ha intrattenuto con il suo Altro. In questa relazione il soggetto ha occupato il posto di un oggetto.

È questo l’oggetto che ritroveremo poi nel fantasma, la cui formula è $<>a (S barrato losanga di oggetto a). La losanga indica un’articolazione, un legame, ma allo stesso tempo una disgiunzione. Tra soggetto e oggetto a c’è un rapporto come quello tra le due facce del nastro di Moebius, che come sappiamo è una sola, anche se in ogni punto si può produrre un attraversamento. Il soggetto non ha altra consistenza che l’oggetto. È fatto di quella stoffa. Dal punto di vista simbolico è l’effetto della catena significante, ma dal punto di vista libidico ha la consistenza dell’oggetto. E infatti, la pulsione si soddisfa solo quando il soggetto si fa oggetto dell’Altro.

Quale oggetto? Proprio quello che è stato per il suo Altro.

Naturalmente tutti i soggetti sono stati, siamo stati, per i nostri primi Altri, ogni sorta di oggetto, abbiamo occupato i posti di tutti gli oggetti di tutte le pulsioni. All’epoca passivamente, non abbiamo scelto di occupare il posto di un oggetto, e questo ha un valore traumatico, ma allo stesso tempo è una necessità di struttura: per il parlessere non c’è altro modo di farsi soggetto se non passando per l’oggetto che è stato per l’Altro.

Poi, a seconda delle vicissitudini soggettive, una posizione spicca: un oggetto e la pulsione ad esso correlata diventano prevalenti.

La pulsione e l’Altro

La pulsione sembra coinvolgere il campo dell’Altro, ma la soddisfazione pulsionale non pesca nel suo campo. Nel percorso della pulsione, nella soddisfazione propria della zona erogena, non è necessario nessun Altro. L’Altro è invece necessario nell’amore e nel desiderio.

Il montaggio surrealista proposto da Lacan è anche un modo per dire che non esiste una pulsione genitale. Più avanti dirà che non c’è rapporto sessuale. L’unico modo per avere a che fare con l’Altro sessuale lo si può prendere dalla cultura, che fornisce dei sembianti dei quali possiamo servirci per recitare le parti dei sessi, e avere così un incontro. Sul piano della pulsione non c’è questo Altro sessuale. In questo montaggio bizzarro la pulsione ha uno statuto prettamente autoerotico, la pulsione si gode nel corpo proprio di ciascun soggetto, colpisce il corpo proprio e lì si soddisfa.

La pulsione quindi si soddisfa nel suo stesso circuito, tuttavia non è disconnessa dall’Altro. L’oggetto a fa sorgere l’Altro come un campo con cui bisogna avere a che fare per riuscire ad avere una soddisfazione, che pure è una soddisfazione autoerotica. In questo caso l’Altro non è più l’Altro del significante, è invece un Altro definito a partire dal godimento particolare di ciascuno. Ha una funzione di strumento della pulsione.

Il terzo tempo della pulsione

Nella sua rilettura Lacan prende in esame le trasformazioni della pulsione, che Freud in Pulsioni e loro destini definisce grammaticali, come l’inversione tra attività e passività (mangiare – essere mangiato).

Per Lacan si tratta di un’inversione speculare e non sarebbe l’essenziale perché è un modo di collocare le cose sull’asse a – a’, quindi sul piano immaginario.

Al posto dell’inversione speculare, il piano del godimento reale è invece piuttosto il movimento nel circuito di andata e ritorno della pulsione, quello che fa il giro attorno all’oggetto mancante, che parte dalla zona erogena e poi ci ritorna, come le famose “labbra che baciano sé stesse” di Freud: si tratta di un godimento localizzato nel corpo.

Questo permette di dire che la pulsione non è mai passiva, è sempre attiva. Perché la forma compiuta della trasformazione pulsionale, così come la definisce Lacan, è quella che corrisponde al terzo tempo: il farsi. Laddove c’è un farsi, troviamo la pulsione in esercizio. 12

Secondo i vari oggetti e le varie pulsioni si tratterà di farsi guardare, farsi sentire, farsi mangiare, farsi cagare. Con tutte le variazioni anche metaforiche. In questo tempo l’Altro è chiamato in causa in quanto strumento per raggiungere la soddisfazione pulsionale, che ha sempre qualcosa di masochistico, perché nel soddisfacimento pulsionale il soggetto occupa il posto di un oggetto.

Alla fine di un analisi potrà occupare questo posto ricavandone piacere, e non più sofferenza. La struttura masochistica si mantiene come uno schema vuoto, non c’è più pathos: si può godere di farsi oggetto dell’Altro.

Vi do un esempio della clinica: il fantasma del soggetto, che era stato un bambino molto bello, chiedeva il farsi guardare. Il sintomo, imperniato su questo fantasma, produsse un soggetto timido che avrebbe voluto confondersi con la carta da parati, ma regolarmente entrava in ritardo alla sala conferenze, cercando di non farsi notare. Involontariamente, però, rovesciava una sedia ottenendo che tutti si girassero a guardarlo. Con la ripetizione di altre performance di questo tipo, il soggetto si faceva guardare, ma nella vergogna e nell’imbarazzo. La pulsione si soddisfaceva comunque, ma il soggetto soffriva. L’analisi consentì di attraversare questo fantasma e di trovare modi di farsi guardare, dove la pulsione si poteva soddisfare senza sofferenza, anzi ricavandone un piacere, cioè una soddisfazione anche a livello dell’Io e non solo dell’inconscio. Il soggetto è entrato in una compagnia di teatro.

Poteva scegliere molte altre opzioni per farsi guardare che avrebbero costituito anche una sublimazione (senza rimozione, e con valore sociale dell’attività sublimatoria, come voleva Freud).

È chiaro che le varie pulsioni e i vari oggetti possono combinarsi: nell’esempio precedente il farsi guardare era articolato al farsi sentire. Se invece prevale la pulsione invocante il soggetto potrà fare il cantante, il gestore di una sala bingo che “canta” i numeri…

Sembra più ostico trovare esempi dove sia possibile ricavare soddisfazione dal farsi mangiare o dal farsi cagare. È abbastanza frequente la situazione dei soggetti che a causa di una prevalenza della pulsione anale tendono per esempio a farsi espellere da ogni posto, gruppo o compagine, cioè a farsi cagare. Ed è ugualmente frequente anche la lamentela nevrotica su altri (colleghi di lavoro, famigliari) che “risucchiano le energie”, che assorbono, o altre modalità sofferenti del farsi mangiare. È invece possibile, una volta elucidato questo punto, trovare soddisfazione nel farsi mangiare, metaforicamente, è chiaro. Sono tipiche le anoressiche guarite che mettono su gastronomie o aprono blog di cucina, o semplicemente preparano leccornie per gli amici: farsi mangiare!

Anche tutte le modalità di donarsi agli altri comportano un farsi mangiare che se è successivo all’attraversamento del fantasma acconsente al piacere, ad esempio fare volontariato.

E farsi cagare? C’è da dire che di questo siamo capaci tutti, ma di solito comporta una grande sofferenza. Come si fa a ricavarne una soddisfazione scevra da pathos? Forse dirò un’eresia, ma credo che fare figli sia una forma possibile. I genitori cercano di rendere i figli autonomi e capaci di farsi strada nella vita, cioè li preparano a fare a meno di loro. Fanno di tutto per rendersi non necessari. Se sono genitori degni di questo nome sanno bene che il figlio è destinato a lasciarli cadere. I genitori patologici si aggrappano al figlio, si rifiutano di essere ridotti a scarto dell’operazione.

La pulsione alla fine di un analisi

Che ne è di tutte queste formule alla fine di un analisi?

Confrontiamo due citazione di Lacan. Prima citazione:

“Il nevrotico […] è colui che identifica la mancanza dell’Altro (phi maiuscola) con la sua domanda (D). Ne risulta che nel suo fantasma la domanda dell’Altro assume la funzione di oggetto, cioè il suo fantasma […] si riduce alla pulsione.” 13

Nella nevrosi, quindi, la formula del fantasma $ <> a si converte in quella della pulsione, $ <> D, dato che il nevrotico sostituisce all’oggetto a la domanda D, in quanto domanda di essere amato.

Il nevrotico colloca la domanda dell’Altro al posto dell’oggetto a del suo fantasma, sceglie di rispondere alla domanda per escludere il desiderio, quindi si rifiuta di sapere alcunché della castrazione.

Com’è possibile trovare la stessa formula all’inizio e alla fine della cura? Vediamo la seconda citazione:

Dopo il reperimento del soggetto rispetto all’oggetto a, l’esperienza del fantasma fondamentale diventa la pulsione. Che cosa diventa allora colui che è passato attraverso l’esperienza di questo rapporto, opaco all’origine, con la pulsione? In che modo il soggetto, che ha attraversato il fantasma radicale, può vivere la pulsione? Questo è l’aldilà dell’analisi, e non è mai stato affrontato. Fino a ora non è affrontabile che a livello dell’analista nella misura in cui si dovrebbe esigere da lui che abbia precisamente attraversato nella sua totalità il ciclo dell’esperienza analitica.” 14

Se volessimo pensare il fine analisi a partire da questa prospettiva potremmo dire che vi si arriva quando il soggetto si libera dalla sua dipendenza dalla domanda dell’Altro e dall’identificazione fantasmatica all’oggetto della domanda dell’Altro. Quando può finalmente fare i conti con il fatto che il suo modo di godere e la sua stessa esistenza non possono trovare una garanzia né una giustificazione nell’Altro.

La chiave della questione sta nella frase in corsivo dopo il reperimento. È necessario passare da questo reperimento, anche più volte: si tratta dell’attraversamento del fantasma, dell’assunzione della castrazione. Tale attraversamento comporta una trasformazione della formula iniziale.

Nella formula del fine analisi la domanda non è più la domanda dell’altro immaginario, Altro incarnato, ma diventa l’esigenza della propria pulsione, la domanda muta di quell’Altro che è, in fondo, il nostro corpo. 15

Nell’analisi il soggetto ha ripercorso più volte il circuito, e la formula $ <> D della fine non è identica a quella dell’inizio, anche se formalmente sembra uguale. L’Altro si è smaterializzato, è diventato un’istanza psichica.

Appendice: Il terzo tempo della pulsione e l’autismo

La psicoanalista francese Marie-Christine Laznik, che si occupa di bambini autistici, soprattutto neonati, da più di 40 anni, afferma di essere riuscita a individuare alcuni elementi che permetterebbero di fare una diagnosi precocissima dell’autismo. Ciò consentirebbe di intervenire prima che la deriva autistica si installi definitivamente. Uso i congiuntivi perché si tratta di un percorso di ricerca. La Laznik afferma di aver ottenuto risultati strabilianti, ma i suoi lavori sono stati molto contestati sia da parte delle associazioni e degli enti che si occupano dell’autismo, sia da parte dall’OMS che sostiene che non ci siano cure per l’autismo. Ma sappiamo che è in corso un accesso dibattito sull’applicabilità e l’efficacia della psicoanalisi in questo campo e anche solo per questo mi sembra interessante il lavoro di questa nostra collega.

La Laznik conduce da molti anni un lavoro di ricerca sui filmini famigliari fatti spontaneamente dai genitori – chiaramente non con una finalità scientifica – nei primi mesi di bambini più tardi diagnosticati come autistici, confrontandoli con i filmini di bebè “normali”. Appoggiandosi sulla teoria lacaniana delle pulsioni la Laznik sostiene che nei bambini che diventeranno autistici non compare il terzo tempo della pulsione. I futuri autistici non si “fanno mangiare” il piedino o la manina, non offrono il proprio corpicino allo sguardo e alle carezze come invece fanno molto presto i bambini “normali”. Ha anche individuato una spiccata sensibilità alla voce umana e specialmente al mamanais, (motherese in inglese) cioè la particolare prosodia e utilizzo del linguaggio nelle emissioni vocali che le madri rivolgono ai neonati. Lei non lo dice, ma io lo chiamerei lalingua. Afferma che il mamanais è uno strumento per allacciare un legame anche con i neonati futuri autistici, e che spesso tale intervento è in grado di fermare la deriva che si sta installando, producendo un cambiamento di percorso. 16

Note

  1. Si veda J. Lacan, Il Seminario, Libro XI, I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi (1964). Einaudi, Torino 2003.  []
  2. Si veda S. Freud, Pulsioni e loro destini (1915), in Opere, Vol. 8. 1915-1917. Bollati Boringhieri, Torino 1978.  []
  3. Gli altri tre destini sono: la trasformazione nel contrario, il volgersi sulla propria persona, la rimozione.  []
  4. J. Lacan, Il Seminario, Libro VII, L’etica della psicoanalisi (1959/60) Einaudi, Torino 1994, p. 142.  []
  5. J. Lacan, Il Seminario, Libro XI. Op. cit., p. 52-63.  []
  6. Ivi, p. 162. Trop de mal è stato tradotto come troppa fatica, ma significa anche troppa sofferenza.  []
  7.  Ivi, p. 161  []
  8. Ivi, p. 174.  []
  9. Ibidem.  []
  10. Ivi, p. 175.  []
  11. Ivi, p. 178-179.  []
  12. Ivi, p.190, 194 e 195  []
  13. J. Lacan, Sovversione del soggetto e dialettica del desiderio nell’inconscio freudiano, in Scritti, Vol. II. Einaudi, Torino 1974, p. 827.  []
  14. J. Lacan, Il Seminario, Libro XI. Op. cit. p. 269. Corsivo mio.  []
  15. “L’Autre, à la fin des fins et si vous ne l’avez pas encore deviné, l’Autre, là, tel qu’il est là écrit, c’est le corps !” Le Séminaire, Livre XIV, La logique du fantasme (1966-67) (Inedito in italiano). Lezione del 10 maggio 1967. “L’Altro, se non l’avete ancora indovinato, […] è il corpo!” (Traduzione mia).  []
  16. Per approfondimenti si veda M. C. Laznik, Con voce di sirena, Editori riuniti, Roma 2012.  []